Press - Reviews
30th March 2011
Origami review, Metallus.it

ThanatoSchizO
Origami
CD, Major Label Industries, 2011

ThanatoSchizO, band particolare fin dal monicker, il quale potrebbe indurre a credere che questi lusitani si occupino di qualche oscura e sulfurea materia metallica, in odore death/black. Niente di più lontano dal vero, perché già dalle prime note di questo loro quarto album, “Origami”, si comprende chiaramente come il tasso di pesantezza, aggressività ed estremismo non sia per niente elevato, ma lasci invece ampi spazi di manovra ad uno stile sì carico di pathos ed atmosfera, ma interpretato secondo chiavi di lettura più vicini a certo gothic rock.

La band, un tempo nota solo come Thanatos, ha una carriera ormai lunga una decade, nella quale il cambiamento e l’evoluzione sono stati costanti, traghettandone il sound dal cavernoso death-doom degli esordi all’attuale, particolare impasto, per descrivere il quale possibili realtà di riferimento potrebbero essere i Paradise Lost e i Novembre più soft, gli ultimi Anathema, e, per le aspirazioni legate alla centralità della voce femminile, i The Gathering.

 

Già, perché l’elemento che più salta all’occhio, nell’attuale incarnazione sonora del gruppo, è la grande esposizione data alla voce di Patrícia Rodrigues, protagonista indiscussa di queste 12 composizioni (alcune delle quali, in realtà, recuperate e re-interpretate dall’album precedente, “Zoom Code”).

 

La cantante portoghese, sebbene in possesso di una certa tecnica e potenza vocale, non presenta però l’espressività indispensabile per arricchire le proprie linee melodiche, che purtroppo risultano spesso banali, ripetitive e poco coinvolgenti.

 

E questo è il grande difetto di un album che invece, sul lato prettamente strumentale, fa registrare momenti anche molto validi e interessanti (ad esempio “(Un)bearable Certainty”, “Pervasive Healing”, “Sublime Loss”), merito soprattutto del dialogo fra le chitarre di Guilhermino Martins e le tastiere di Filipe Miguel, in grado di dare ai brani identità e atmosfera, nonché un alone di mediterraneità di fondo, che risulta azzeccata e convincente.

 

Origami è quindi un’opera riuscita solo in parte, per il mancato raggiungimento di un equilibrio fra la qualità del comparto strumentale (supportato fra l’altro da una buona produzione) e la mediocrità dell’interpretazione vocale.
Un ascolto comunque interessante.


[7/10]
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